Preciso riassunto del testo di Maria Gaudio che esplora i nuovi bisogni delle famiglie italiane, in particolare lombarde e la necessità di adattare le politiche sociali ad una pluralità di stili. Non esiste un unico modello di famiglia e non si possono dunque dare risposte se non in un'ottica di pluralismo. In questo quadro, l'educatore del nido d'infanzia si deve porre in una posizione 'rapsodica' nella quale non c'è un giusto e sbagliato in termini assolutistici, ma un qui ed ora cui rispondere.
Bricolage educativi
di Anna Bosetti
Preciso riassunto del testo di Maria Gaudio che esplora i nuovi bisogni delle
famiglie italiane, in particolare lombarde e la necessità di adattare le politiche
sociali ad una pluralità di stili. Non esiste un unico modello di famiglia e non si
possono dunque dare risposte se non in un'ottica di pluralismo. In questo
quadro, l'educatore del nido d'infanzia si deve porre in una posizione
'rapsodica' nella quale non c'è un giusto e sbagliato in termini assolutistici, ma
un qui ed ora cui rispondere.
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Scienze dell'Educazione
Corso: Scienze dell'Educazione
Esame: Pedagogia della famiglia
Docente: Laura Formenti
Titolo del libro: Bricolage educativi
Autore del libro: Maria Gaudio
Editore: Unicopoli
Anno pubblicazione: 20081. Politiche per la famiglia: un excursus
La famiglia è una realtà complessa e multiforme. In Italia manca una specifica politica per la famiglia e i
provvedimenti che la riguardano devono essere rintracciati tra le pieghe della legislazione sociale e fiscale.
L’assenza di interventi organici e mirati contribuisce a perpetuare un modello tradizionale di famiglia basato
sul maschio che produce reddito, la donna che si occupa del lavoro domestico, i figli che dipendono fino
all’età adulta dai genitori, sulla cura fornita da parte esclusivamente femminile a parenti non autosufficienti,
siano essi minori o anziani.
Dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, in materia di politica sociale, notiamo uno spostamento
verso una visione di famiglia nella sua normalità e, correlato a questa, il tentativo di affermazione di una
logica preventiva e di sostegno, che va faticosamente a sostituirsi alla dimensione assistenziale e riparativa.
Sul versante delle esperienze, è presente una maggiore attenzione alla valorizzazione delle risorse, alla
pluralità di soggetti pubblici e privati, alla molteplicità e diversificazione dei servizi. Si tratta di interventi
voluti e sostenuti da provvedimenti legislativi, quali la legge 285/1997 — “Disposizioni per la promozione
di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”. La legge non è specificatamente rivolta alla famiglia,
la coinvolge in modo indiretto occupandosi di infanzia e adolescenza, ma l’ente pubblico qui si impegna
nella promozione di opportunità, e non più solo nella riparazione di disfunzionalità.
Con la legge 285 sono state avviate e finanziate molteplici sperimentazioni che hanno coinvolto una
pluralità di attori nella gestione dei servizi, favorendo un rinnovamento e un ampliamento dei progetti e
delle esperienze, incentivando la collaborazione tra diversi soggetti pubblici e privati. Una mancanza della
legge risiede nell’aver favorito lo sviluppo ditali progettualità innovative esclusivamente nelle aree
territoriali che già potevano contare su un retroterra culturale, una sensibilità dell’ente pubblico e la presenza
consolidata di servizi socio-educativi.
Un secondo limite è riscontrabile nell’assenza della definizione di elementi regolativi del sistema di
opportunità che la legge intende avviare. Manca infatti nell’impianto della legge l’indicazione di standard,
requisiti minimi, criteri e parametri a cui attenersi. Tutto ciò se da una parte allontana il pericolo di
omologazione e favorisce la pluralità delle offerte, dall’altra vanifica la possibilità per l’ente pubblico di
esercitare quella funzione di regolazione, di mediazione e controllo che gli appartiene, con il rischio che il
pluralismo diventi degenerativo, a discapito, oltre che della qualità, dell’identità stessa del sistema.
Più recente è la legge 328/2000 — “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali” — il cui oggetto è il riordino (legge quadro) dell’intero sistema di servizi sociali.
Compare il termine famiglia, ma la maggior parte delle risorse a livello nazionale resta destinata alle
disfunzionalità, emergenze o carenze degli individui, siano esse costituite dal fattore handicap, povertà,
dipendenze, malattia. In Italia solo il 3,8% della spesa sociale è destinato alla famiglia. Per quanto riguarda
la possibilità di creazione di un sistema che integri pubblico e privato sociale in un’ottica territoriale, esso
prevede un modello che ancora non sembra esprimersi in concreti interventi. A rendere più complessa la
possibilità di riordino del servizio sociale nazionale, ad un anno dalla legge 328, è intervenuta la riforma del
Titolo V° della Costituzione che ha trasferito in via esclusiva alle Regioni l’autorità legislativa in materia di
servizi sociali.
La politica sociale italiana ha sempre ritenuto prioritario far fronte alle esigenze di riparazione, alla cura del
malessere dei singoli individui, rispetto al prendersi cura del benessere della famiglia e della collettività.
Nel nostro paese — a differenza della Francia e del Nord Europa — solo recentemente si inizia a parlare
della necessità di una politica familiare non più riconducibile all’assistenza sociale. Il sistema assistenziale
Anna Bosetti Sezione Appunti
Bricolage educativi non è preventivo né educativo, ma è per sua natura riparativo.
Dove la famiglia non funziona e presenta una carenza, il sistema assistenziale pubblico interviene. Il sistema
del servizio sociale fa riferimento ad un paradigma causale e lineare, basato sul modello domanda/risposta e
bisogno/servizio; la legge 328, se applicata in modo parziale e settoriale rischia di rafforzare tale modello.
La legge introduce il principio del voucher sociale per l’utente: una sorta di “buono acquisto” per l’accesso
ai diversi servizi sociali. Il principio del voucher dovrebbe comportare semplicemente una diversa modalità
di erogazione delle risorse; non più dall’Ente (Stato, Regioni, Comuni) ai diversi servizi socio-sanitari-
assistenziali-educativi, ma dal Pubblico al cittadino e da questo ai servizi. Tale principio però, se isolato
dagli altri aspetti previsti dalla legge e oggi non ancora attivati rischia di alimentare un meccanismo di
mercificazione completamente estraneo alla logica del servizio sociale e della legge stessa. I servizi sono
incentivati ad investire non in qualità, ma per avere maggiore visibilità sul mercato. L’utente — il cliente
che paga — malato, dipendente, maltrattato, solo, povero, diventa un consumatore di servizi sociali. Di
contro i servizi e le istituzioni proseguono nell’adottare una logica di settore e concorrenziale, ciascuno con
propri codici comunicativi, schemi di riferimento, modalità di funzionamento, che si mantengono inalterati
nel tempo, refrattari al cambiamento.
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Bricolage educativi 2. La famiglia della Regione Lombardia
In coerenza con le indicazioni nazionali, ciascuna regione ha una specifica legislazione, con differenze
quantitative e qualitative. La Regione Lombardia con la legge 23/1999 — “Politiche Regionali per la
famiglia” — riconosce la famiglia “come soggetto sociale politicamente rilevante” e si impegna a
“promuovere il servizio pubblico alla famiglia” e a “realizzare una organica e integrata politica di sostegno
al nucleo familiare”. La legge ha il merito di aver introdotto un cambio di paradigma nelle politiche sociali:
per la prima volta si riconosce in modo esplicito la famiglia come soggetto sociale, con propri diritti e
bisogni che vanno riconosciuti e sostenuti dall’ente pubblico.
In materia di legislazione, e ancora di più quando si tocca la famiglia, non sempre però le dichiarazioni
d’intenti si traducono coerentemente in interventi operativi. Da un’analisi della legge appare un modello di
famiglia unico, dai contorni definiti e netti. Un esempio è il sostegno alla formazione di nuclei familiari, che
la legge intende perseguire attraverso l’erogazione di un contributo per l’acquisto. L’accesso alle
agevolazioni è riservato alle coppie, due persone di sesso diverso, con meno di quarant’anni, che si siano
sposate con rito civile o religioso concordatario, entro i sei mesi precedenti/successivi alla domanda. Le
coppie di fatto, conviventi, famiglie ricostruite, allargate, single con figli, omosessuali, coppie di anziani,
dalla Regione Lombardia non sono considerate una famiglia.
La legge parla di “servizio pubblico”, ma nei decreti attuativi l’ente pubblico sparisce, appaltando
all’esterno, ad un ente privato, il monito- raggio, la valutazione dei progetti e la formazione dei valutatori.
L’erogazione dei contributi a sostegno dei progetti per la famiglia segue una logica spartitoria delle risorse:
negli anni sono state progressivamente ridotte al 30% le risorse economiche destinate ai progetti gestiti da
realtà professionali del settore no profit e cooperative sociali, parallelamente sono aumentati al 70% i
finanziamenti all’associazionismo di solidarietà familiare e al volontariato.
Il volontariato e l’associazionismo sono delle grandissime risorse nel nostro paese, ma quando diventano
sostitutivi delle professionalità sociali e rappresentativi di una sola famiglia si mina alla base l’intero
sistema. Quando il sistema dei diritti dei cittadini e delle famiglie è affidato alla solidarietà, alla buona
volontà di una parte sociale, esso cessa di esistere.
Analizzando gli aspetti più di contenuto dei progetti, appare una visione di famiglia ancora fragile e
deficitaria, bisognosa di interventi, sia pure preventivi, che non perdono la caratteristica per lo più istruttiva
e/o normativa: scuole per genitori, corsi, ruotano ancora intorno alle figure degli “esperti” che forniscono
indicazioni e consigli su come affrontare alcuni aspetti della genitorialità. La valutazione dei progetti da
ammettere al finanziamento attribuisce un alto valore alla pluralità di figure professionali coinvolte (maggior
numero d esperti maggior punteggio), ma non incentiva la possibilità d figure stabili e la continuità
relazionale che queste potrebbero garantire.
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